In francese la negazione viene fatta con due particelle negative, ne e un altro elemento negativo, generalmente pas.
Je ne t’écoute pas. Ce film n’est pas amusant.
• Ne precede il verbo a cui si riferisce, il pas lo segue. Se il verbo è ad un tempo composto, ne e pas si mettono prima e dopo l’ausiliare. Ne si apostrofa davanti a vocale.
Je ne vois pas de beaux films cette année. Je n’ai pas vu de beaux films cette année.
• Pas può essere sostituito da altri elementi negativi: – dagli avverbijamais(mai), plus (più), ni ... ni (né …né) e dagli aggettivi o pronomi indefiniti: aucun, personne, rien
Nous n’allons jamais au cinéma. Je ne regarde plus cette émission.
Je ne bois ni vin ni bière. Je n’ai acheté aucun disque cette année.
Nous n’avons rencontré personne. Il n’a invité aucun de ses camarades de classe.
-da que restrittivo, con il significato di seulement (soltanto).
Il ne va en vacances qu’à la montagne.
• Plus e jamais possono rafforzare una negazione, per cui in una frase possono esserci tre elementi negativi.
Je n’irai jamais plus en vacances dans cette ville !
Il ne boit jamais rien.
Ni son frère ni sa sœur n’acceptent plus de l’accompagner.
• Ne e pas (plus, jamais, rien) precedono un verbo all’infinito.
Maman a dit de ne pas regarder la télé cet après-midi.
Rappelle-toi de ne pas oublier ton parapluie.
• Quando due o più frasi negative sono coordinate tra loro, il pas si omette e le frasi sono collegate da ni.
Elle est triste ce soir; elle ne chante ni ne danse.
Jean-Dominique Bauby si risveglia dopo un lungo coma in un letto
d'ospedale. È il caporedattore di 'Elle' e ha accusato un malore mentre
era in auto con uno dei figli. Jean-Do scopre ora un'atroce verità: il
suo cervello non ha più alcun collegamento con il sistema nervoso
centrale. Il giornalista è totalmente paralizzato e ha perso l'uso della
parola oltre a quello dell'occhio destro. Gli resta solo il sinistro
per poter lentamente riprendere contatto con il mondo. Dinanzi a domande
precise (ivi compresa la scelta delle lettere dell'alfabeto ordinate
secondo un'apposita sequenza) potrà dire "sì" battendo una volta le
ciglia oppure "no" battendole due volte. Con questo metodo riuscirà a
dettare un libro che uscirà in Francia nel 1997 con il titolo che ora ha
il film.
L'occhio del protagonista diventa la soglia che permette al pesante e
inerte scafandro del suo corpo di liberare (anche se faticosamente) la
farfalla del pensiero. La voce interiore imprigionata di Jean-Do ci
rivela al contempo l'orrore della condizione e l'indomabile spinta
all'espressione di sé. Il giornalista pensa, desidera, soffre, grida
dentro di sé. È un grido in cerca di una bocca che possa tradurlo in
suoni e parole. Il battito delle ciglia (che ricorda non a caso il
battito d'ali di una farfalla) si traduce in lettere e le lettere in
parole. Schnabel e Amalric riescono a non fare retorica e al contempo a
commuovere profondamente liberandosi dal falso pietismo che spesso
accompagna queste storie 'vere'. Raggiungono il risultato grazie a un
attento lavoro di flasback che si integra alla perfezione con la
descrizione di un corpo che da apertura al mondo si è trasformato in
sepolcro. Tutto ciò senza lanciare proclami né a difesa strenua della
vita né a favore dell'eutanasia. Il che, di questi tempi, è già un
merito di per sé.
Trama La storia di un parigino che si
ammala e non sa se dovrà morire. Questa condizione lo porta a
guardare le persone che incontra con occhi completamente diversi.
Immaginare la propria morte, all’improvviso dà un nuovo
significato alla sua vita, alla vita degli altri, e alla vita
dell’intera città. Venditori di frutta e verdura, la titolare di
un forno, un’assistente sociale, un ballerino, un architetto, un
senza tetto, un professore universitario, una modella, un immigrato
clandestino del Camerun: incontri che, come tessere di un puzzle,
ricostruiscono una nuova fisionomia della città.
François Bégaudeau insegnante di francese in una scuola media superiore parigina. Facciamo la sua conoscenza mentre si incontra con i colleghi (vecchi e nuovi arrivati) ad inizio anno scolastico. Da quel momento rimarremo sempre all'interno delle mura scolastiche seguendo il suo rapporto con una classe.
Il suo metodo d'insegnamento, che si rivolge a un gruppo eterogeneo di ragazzi e ragazze, mira ad offrire loro la migliore educazione possibile in una realtà cui i giovani non hanno un comportamento sempre inappuntabile e possono spingere anche il migliore dei docenti ad arrendersi a un quieto vivere che non richieda confronti e magari scontri con gli allievi. Non tutti infatti apprezzano la sua franchezza e il professor Bégaudeau si troverà dinanzi a un caso che lo metterà in una posizione difficile.
Laurent Cantet, dopo l'incursione nel fenomeno del turismo sessuale al femminile di Verso il Sud torna ad un argomento che ci riguarda, più o meno direttamente, tutti: la scuola.
Grazie all'esperienza, tradotta in una sorta di diario di viaggio attraverso un anno scolastico, dell'insegnante François Bégaudeau il regista ci aiuta a riflettere su quanto l'equilibrio di una realtà classe (anche non border line)oggi possa rivelarsi estremamente precario.
Dopo un complesso training con i giovani attori presi questa volta non 'dalla strada' ma 'dalla scuola' e scegliendosi come protagonista il Bégaudeau reale, Cantet affronta con piglio da documentarista una realtà che studenti e docenti vivono in modo analogo non solo a Parigi o in Francia. Senza enfasi né retorica il docente e il regista ci mostrano quanto il ruolo di insegnante così come quello di studente siano oggi sempre più complessi e, in qualche misura, da provare a ricostruire dalle fondamenta.
Potrà anche sembrare un po' lento e dilatato il narrare di Cantet in questa occasione ma, per chi ha tempo per ascoltare e in particolare se genitore, il suo è un film prezioso. Giancarlo Zappoli
“Quel che ho scritto a 23 anni è autentico. Nello sguardo di tutte
le passanti in cui mi sono imbattuto, ho visto spesso nel loro cuore il
dramma infinito o la noia di una vita senza alcuna attrattiva. Leggevo
nella loro anima come se fosse un libro aperto, e la loro malcelata pena
m'insegnava quanto il loro dolore fosse vivo.” A.P. Il testo della canzone è una poesia di Antoine Pol (nato il 23 agosto 1888 a Douai. Antoine Pol combatté nella "grande guerra" come capitano
di artiglieria, dopo aver lavorato come ispettore minerario diviene presidente del sindacato centrale degli importatori di carbone. Ma aveva, segretamente, la passione della poesia. A
partire dal 1918 pubblicò diverse raccolte che passarono in sordina. Nella primavera del 1943, un
ragazzo di 23 anni che trainava la sua vita nella Parigi occupata dai
nazisti, nella più nera povertà, scovò un suo libro su una bancarella
della Porte de Vanves, appunto. A quelle sue giratine tra le bancarelle
non rinunciava pur non essendo tanto prudente, dato che era da poco
scappato dal "S.T.O.", il "Servizio di Lavoro Obbligatorio" imposto
dagli occupanti nazisti.
Era un libriccino di 130 pagine (del quale, lo si saprà molto dopo,
erano state stampate soltanto 110 copie dalle "Éditions du Monde
Nouveau") che si intitolava Émotions poétiques, e conteneva
questa poesia (scritta, su precisa affermazione dell'autore, nel 1911);
il ragazzo si chiamava Georges Brassens. Si mise a sfogliarlo, indeciso
se spendere o meno il mezzo franco che costava; e fu proprio questa
poesia che glielo fece spendere. La mise sommariamente in musica e la
lasciò in un cassetto, come spesso faceva; ma, tornandogli costantemente
in testa, la rielaborò fino al 1964 e poi ancora nel 1969.
Nel 1971 si decise finalmente a inciderla e volle contattare quindi
l'autore, scovandone gli estremi alla SACEM, per domandargliene i
diritti; immaginarsi chi non li avrebbe concessi a Brassens! I due
progettarono di incontrarsi, perché Brassens voleva conoscere l'autore
di quella poesia che lo aveva così tanto colpito trent'anni prima;
destino volle che Antoine Pol morisse una settimana prima
dell'appuntamento. Secondo una testimonianza del nipote, alla vigilia della sua morte Antoine Pol gli
disse di "ascoltare la canzone per lui e di impararla a memoria". Il
contratto per la cessione dei diritti fu firmato il 4 ottobre 1972 dalla
vedova, Yvonne Pol. La sua poesia, incisa nel 1972 da Brassens, sarebbe
diventata una delle canzoni più celebri nell'intera lingua francese; da
un giorno all'altro, il nome di Antoine Pol divenne famoso. Nel 1974
Fabrizio De André la tradusse in italiano, facendo chiedere a migliaia
di suoi appassionati chi accidenti fosse questo Antoine Pol.
Di seguito il testo della canzone Les passantes con la traduzione in italiano
L'espressione idiomatica è un elemento lessicale complesso più lungo di una parola ma più corto di una frase, un insieme di parole il cui significato letterale non ha nulla a che fare con quello figurato.
L'espressione idiomatica è un carattere distintivo di una cultura, elemento di saggezza popolare.
E' bene sapere, quindi, che la stessa espressione idiomatica non va tradotta letteralmente da una lingua all'altra. Di seguito una parte delle expressions idiomatiques francesi più comuni:
C'est quétaine
Esistono tante storie circa l'origine della parola ''quétaine''. Quella che sembra avere più attendibilità suggerisce che il termine è la deformazione del nome di famiglia Keaton o Kitten. Si dice che la famiglia avesse dei gusti relativi all'abbigliamento discutibili.Con l'espressione c'est quétaine si fa riferimento ad una persona vestita di cattivo gusto, démodé, si può indicare altresì uno stile di vita all'antica o di cattivo gusto
Se prendre pour le boss des bécosses
I ''bécosses'' sono stati dei wc utilizzati nel passato, molto essenziali, sostanzialmente una sedia con un secchio da vuotare. Al giorno d'oggi lo stesso termine viene utilizzato per indicare dei servizi igienici mediocri. L'espressione boss des bécosses è un insulto verso chi si crede superiore o in ogni caso che crede di avere l'autorità di dire o fare qualcosa oltre le sue competenze. Beh diciamocelo tutti conosciamo almeno un ''BOSS DES BECOSSES'' se non te ne viene in mente nessuno potresti essere proprio tu!
être aux oiseaux
Essere estremamente felice, in un esplosione di gioia, estasiato. Nella francofonia si utilizza l'espressione essere tra gli angeli, situazione che porta alla mente una sensazione di libertà e di protezione.
Gli abitanti del Quebec hanno sostituito tale espressione con gli uccelli che come gli angeli simboleggiano la felicità e la libertà d'essere e andare ovunque desiderino.
Passer la nuit sur la corde à linge
Si dice di qualcuno che ha l'aria stanca, che sembrerebbe che non ha dormito, che ha passato una notte in bianco.
Il paragone con la corde à linge ( le corde che utilizziamo per stendere la biancheria sui nostri balconi) dove i panni sono in balia del vento, del sole e magari del freddo, lascia perfettamente intendere le condizioni nelle quali si è riposato.